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12 settembre 2012

Eccedenze alimentari in tempo di crisi?

Ricordate (spero di si) il post sul simbolo del consumismo ebbene a me è tornato in mente qualche giorno fa, mentre leggevo questa notizia sul sito Ansa secondo cui l'Italia spreca 12,3 mld euro di cibo all'anno, di cui una parte a carico di noi consumatori, che acquistiamo apparentemente più di quanto ci occorre e di conseguenza gettiamo nella spazzatura tonnellate di cibo che avanza o scade nei nostri frigoriferi, e già la cosa è in netto contrasto con la situazione di crisi e con le informazioni dell'Istat sul calo dei consumi, sarebbe come a dire che abbiamo poco e quel poco lo spendiamo in alimenti che poi buttiamo al secchio! Per la parte riservata alle aziende, come scrivevo appunto nel precedente post, pur di esser presenti in ogni settore, creano una produzione che non incontra la domanda ma la supera di gran lunga, senza spesso (o mai) prevedere come rientrare in possesso delle derrate in eccesso o in prossimità di scadenza per renderle disponibili a chi non ha invece acceso ai beni di prima necessità. Insomma un cerchio che non si chiude o delle frecce senza reciprocità, che puntano solo in un verso: lo spreco. Ma al di là dei notiziari com'è la situazione o come ci appare davvero, avete mai provato a vedere cosa succede nei supermercati, piccoli o grandi che siano, della vostra città, avete gettato uno sguardo ai cassonetti posti vicino agli alimentari per trovare dei segni? Io l'ho fatto ed ho notato i due estremi, alla Coop per esempio ho incontrato in orario di chiusura la Caritas che passava a ritirare alimenti, di concerto ovviamente con l'azienda, mentre vicino al mio ufficio nei cassonetti destinati ai privati, un noto hard discount versa quasi periodicamente cassette vuote ma anche piene di cibo andato a male.

E' necessario un mediatore che faccia incontrare la domanda, dei banchi alimentari o delle caritas, con l'offerta, la media e grande distribuzione, ma è altrettanto necessario che se non lo facciano di loro spontanea iniziativa si arrivi ad un regolamento che li "obblighi" a farlo. Nel contempo, dato che la quantità di produzione supera notevolmente la necessità è ora che le aziende produttrici fasino i cicli uscendo dalla logica di mercato, meramente legata all'economia del sempre di più, che prevede che ogni anno gli azionisti pretendano non tanto che la società vada bene ma che chiuda con un gran segno più rispetto all'anno precedente. Non sarò Latouche, Smith o Keynes ma un'elaborazione semplice la riesco ancora a fare: se la Pippo spa ha chiuso il 2010 con un guadagno di 150 e pretende (nonostante la crisi) di chiudere il 2011 con un guadagno di 200, a parte chiedere l'aiuto di S.Gennaro, dovranno vendere di più e magari tagliare qualche costo (quindi fare di più con meno persone), ma che succede se ci rendessimo conto che i pochi soldi che abbiamo dobbiamo imparare a spenderli meglio senza sprechi e comprando magari meno? La Pippo spa si troverà con un sacco di camion pieni di prodotti invenduti mentre in Africa muoiono di fame, lo so non vincerò il Nobel per l'economia ma, come si dice, dormirò lo stesso!

Un aggiornamento dovuto e doveroso, un'articolo da leggere su Il Fatto Alimentare circa le discrepanze dei dati che i media ci forniscono in tema di spreco (mi sembrava un dato allucinante e quasi inverosimile), buona lettura

http://www.ilfattoalimentare.it/spreco-alimentare-barilla.html
http://www.ilfattoalimentare.it/spreco-cibo-segre.html

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