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25 aprile 2011

Stop agli OGM per motivi ambientali - UE

Tratto da "AgroNotizie"

Gli Stati membri devono poter addurre motivazioni anche ambientali, quali la resistenza ai pesticidi o la necessità di mantenere una adeguata biodiversità, per limitare o vietare la coltivazione sui propri territori di piante geneticamente modificate pur autorizzate dall'Unione europea.

Questo è quanto prevede l'emendamento approvato dalla Commissione ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare che - con 34 voti a favore, 10 contro e 16 astensioni - ha modificato la proposta della Commissione europea che richiedeva di escludere le motivazioni ambientali e gli impatti socioeconomici dal ventaglio di ragioni adducibili dagli Stati membri per vietare o limitare l'impiego di colture Ogm approvate a livello Ue.

Portato avanti su proposta della relatrice francese Corinne Lepage del gruppo liberaldemocratico, che nel quadro della riforma del sistema di approvazione delle colture transgeniche chiedeva maggiore libertà di scelta per i singoli stati dell’Unione, l'emendamento non riguarda direttamente l'approvazione di sicurezza per le varietà di colture Ogm che continuerà ad essere effettuata a livello comunitario.
Il parere del Comitato per l’ambiente è che sia i rischi di perdita o riduzione di biodiversità, sia lo sviluppo di resistenze e gli impatti socio-economici derivanti dalla contaminazione delle colture convenzionali, siano sufficienti perché stati dell’Ue appongano il divieto di coltivazione a piante gm pur avendo esse superato l’esame del rischio dell’Agenzia per la sicurezza alimentare (Efsa) e della Commissione.

Una decisione questa che non vuole né sminuire il ruolo dell'Efsa né tanto meno esautorare il sistema europeo di approvazione degli Ogm; semplicemente rafforza la possibilità di impiego da parte degli stati membri della 'clausola di salvaguardia' prevista dal regolamento comunitario nella Direttiva 2001/18/CE e già utilizzata da Austria, Francia, Grecia, Ungheria, Germania e Lussemburgo.

"Questo voto” ha commentato Lepage “è un chiaro segnale che il parlamento manda a Consiglio e Commissione: il sistema di autorizzazione dell'Ue deve essere mantenuto, ma deve anche essere riconosciuto che motivazioni di impatto agricolo o ambientale, nonché di carattere socio-economico, devono poter essere citate dagli Stati membri per giustificare un divieto o una limitazione della coltivazione di Ogm".

Per il Consiglio dei ministri e per la Commissione Ue, il voto costituisce un chiaro segnale della volontà del Parlamento di rispettare la volontà dei cittadini europei e concorre a rafforzare la tutela giuridica nelle sfide del Wto contro il possibile bando degli Ogm.
La plenaria del Parlamento europeo, che sarà presieduta dal socialdemocratico tedesco Jo Leinen, dovrà votare le proposte a giugno.

Positiva per Coldiretti la decisione. “Il parere della Commissione ambiente del Parlamento europeo” afferma l'associazione, "risponde alla necessità di tutelare il territorio dal rischio di contaminazioni irreversibili. Un orientamento che premia la decisione dell’Italia di mantenere il proprio territorio libero da Ogm, sostenuta da un’ampia coalizione in rappresentanza della maggioranza assoluta dei cittadini italiani. Per la conformazione morfologica dei terreni e le dimensioni delle aziende” prosegue l'associazione, “sul territorio italiano non sarebbe possibile evitare le contaminazioni ambientali e sarebbe violata la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da Ogm".
L'organizzazione ricorda infine, che sulla base dei risultati dell'ultima indagine annuale Coldiretti-Swg "il 73 per cento dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali”. Una contrarietà, sottolinea Coldiretti che è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi quattro anni a conferma che non si tratta di una valutazione emotiva.

“Gli Ogm spingono” conclude Coldiretti “verso un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del made in Italy".

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